domenica 6 aprile 2008

E se fossimo indotti a pensar male...

Nel precedente intervento ponevamo in risalto la responsabilità di comunicatori e giornalisti in doppiopetto nell'aver male indirizzato l'opinione del tifoso, promuovendo la cultura del sospetto, per di più preventivo. Così per una settimana si è discusso inutilmente della moralità della Lazio, con argomenti del tutto fuori luogo e con toni perfino offensivi. Pensavamo che dopo la caparbia prova dei biancocelesti contro l'Inter tali pettegolezzi (perché ci risulta difficile definirli altrimenti) fossero terminati: macché, i sospetti e le sciocchezze sono continuati, con l'accusa che la Lazio avesse affrontato la partita contro l'Inter come se si trattasse di un'amichevole. Beati loro che hanno il coraggio di non vedere ciò che è evidente: se i due splendidi legni di Kolarov e la traversa di Dabo significano un'amichevole...
Siamo rimasti in attesa, durante questa settimana, monitorando il panorama mediatico locale e nazionale: la Lazio è tornata nella sua nicchia, niente di straordinario. Del resto, non va dimenticato, la stagione biancoceleste non è certo da urlo e i pochi acuti si sono registrati solo in occasioni importanti: il Real Madrid e il Werder Brema in casa (Champions League), la Roma e l’Inter nel girone di ritorno, il buon cammino in Coppa Italia. Un po’ poco per definire un campionato, tanto più all’indomani di un terzo posto. Società, staff tecnico e squadra devono riflettere con onestà su questa stagione gettata alle ortiche, pur tenendo in conto le situazioni di grande difficoltà indotte da imprevedibili infortuni traumatici (Diakité, Cribari, Siviglia, Zauri, solo per ricordarne alcuni), la vicenda Carrizo e l’incomprensibile povertà del mercato estivo.
Ma se ora, alla luce della giornata di campionato appena trascorsa, fossimo anche noi indotti a pensar male? Non lo faremo, perché siamo consapevoli che è sempre sbagliato. Tuttavia, i soliti comunicatori della domenica sera più di un dubbio continuano a suscitarlo. Il problema, di un provincialismo sconcertante, è tutto della Capitale: perché soltanto qui a Roma si giustificano le sconfitte con le teorie dei complotti e si glorificano le vittorie anche quando arrivano per motivi diversi dal valore dimostrato in campo. Dunque, in questo clima così provinciale, lasciateci porre alcuni interrogativi:
1. Cosa si sarebbe insinuato per intere settimane se, ad esempio, sull’1-1 di Lazio-Inter, Rocchi si fosse esibito in una insensata e sciagurata scivolata in area sui piedi di Crespo così come ha fatto Borriello con Taddei in Roma-Genoa?
2. Come mai nessuno si è chiesto perché Gasperini abbia lasciato in panchina proprio uno come Leon? Eppure qualcuno si era chiesto come mai lo stesso allenatore avesse lasciato fuori Borriello contro l’Inter. Sicuramente per favorire i nerazzurri, no?
3. Perché sentiamo dire che l’Atalanta ha giocato al di sotto delle proprie possibilità e che il gol di Vieira è da annullare quando mancano ben due rigori evidenti all’Inter, di cui uno proprio sul gigante di colore? È complotto, non c’è dubbio...
In realtà questi interrogativi sono solo provocazioni da parte nostra... che speriamo facciano riflettere chi ha una mente critica soltanto a senso unico.
Se nella Capitale si vince così poco è anche per il provincialismo dei suoi comunicatori. Sarebbe molto meglio, in questo finale di campionato, lasciare da parte fantasiose ipotesi di complotto e pensare che una squadra vince se ha i mezzi tecnici e morali (come il crederci sempre fino in fondo) e quel pizzico di buona sorte che accompagna sempre gli audaci. Il resto sono solo chiacchiere, velenose.
Alessandro Staiti

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