sabato 1 dicembre 2007

Se tifo... meglio che mi vaccino - 1

Calcio, fenomeno globale che scatena negli esseri umani pulsioni emotive incontrollabili fondamentalmente deleterie che vanno sotto il nome generico di tifo. Noi, presunti civilizzati, attribuiamo questo fenomeno ai guasti ed al clima di decadenza morale che caratterizza la nostra disgraziata epoca e ripensiamo con nostalgia ai bei tempi andati. Ma i tempi andati erano davvero belli? Senza discendere ai tempi degli antichi romani, in cui il pubblico si accalorava in maniera smodata per i circenses (che non erano i ludi gladiatori ma le corse di carri al Circo Massimo, con scene di isteria collettiva da far paura a qualsiasi curva moderna, rimaniamo nel pallone e andiamo al primo campionato di calcio del nostro Paese, anno di grazia 1898 (a proposito, lo sapevate che nel 1896 fu disputato il primo vero campionato italiano di calcio, non omologato perché non esisteva ancora una federazione e che fu vinto dall'Udinese?) complessivamente 4 squadre partecipanti, tre di Torino più il Genoa. Tutto in una giornata, semifinali al mattino e finale il pomeriggio. Beh, tutta la giornata fu caratterizzata dalle continue risse tra i tifosi delle varie squadre. Quindi il tifo fattore endemico del calcio. Del calcio. Avete mai sentito che si siano massacrati di mazzate sostenitori dell'atletica leggera o del pattinaggio a rotelle? Capita, alle volte, che vengano a vie di fatto i tifosi di altri sport ma, se andiamo a ben guardare, anche in queste altre occasioni si tratta di sport di squadra. Allora, che cosa caratterizza il tifo e le sue barbariche manifestazioni? Il punto fondamentale è: tifo = parteggiare per qualcuno o qualcosa che non siamo noi, quindi al di fuori di noi. Ohibò! Detta così sembra uno stato dissociativo, roba da cure psichiatriche! Ma non è così, altrimenti sarebbe un disturbo ascrivibile a pochi e riconosciuto come infermità mentale. Sembra invece che fare il tifo sia un'esigenza insopprimibile dell'essere umano. Lo facciamo inconsapevolmente, sempre, fin da quando veniamo al mondo, su tutto. Si inizia con il fare una semplice scelta. Quella cosa, facciamo ancora l'esempio delle partite di calcio, ci piace? Sì. Andiamo avanti. Tra le due squadre che stanno giocando, una ci piace più dell'altra? Sì, andiamo avanti. Perché ci piace di più? Non ha importanza. Motivi tra i più svariati. Ma nel momento che decidiamo che ci piace di più, e quindi scegliamo una squadra, ecco che scatta il meccanismo perverso, entra a far parte della nostra esistenza. Essa è noi, noi siamo lei e allora la frittata è fatta, non si può più tornare indietro e questa scelta condizionerà una buona parte il resto della nostra vita emozionale. E tutto ciò una infinità di volte perché infinite sono le scelte che facciamo nella nostra vita e ognuna di queste ci forma, fa parte di noi. E poiché si tratta di una nostra scelta, ne identifichiamo l'oggetto con noi stessi, creando così quel transfert di identità che chiamiamo comunemente tifo.
(1 – continua)
Mauro Floritta Martorana

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